Dopo il Pranayama, prima di accedere alle pratiche sottili di Dharana e Dhyana, lo yogin è in grado di percepire il mondo che lo circonda anche senza la mediazione dei cinque sensi. In genere il concetto di Pratyahara viene così descritto: ‘quando i cinque sensi si distaccano dagli oggetti che percepiscono, si ha il ritiro dei sensi: questo è detto pratyahara.’ Una traduzione diversa, che può aprire una possibilità di maggiore comprensione di tale concetto, la dà Mircea Eliade nel libro: ‘Saggio sulle origini della mistica indiana‘ : ‘Il pratyahara è la facoltà con la quale lo spirito (citta) possiede le sensazioni come se il contatto fosse reale’ (traduzione del verso 54, libro II, degli ‘Yoga sutra’).
In questa traduzione si ritrova il concetto di percezione vibrazionale , per cui la realtà che ci circonda viene percepita cogliendo le vibrazioni emesse dagli oggetti. Nella percezione delle vibrazioni non è necessaria la presenza dell’oggetto, perchè nel momento in cui esso si richiama alla mente il corpo assume la sua vibrazione ‘come se il contatto fosse reale’.
Contattare la realtà attraverso la percezione della vibrazione, emanata da ogni oggetto, non significa perdere le proprietà dei cinque sensi, anzi essi sono una specializzazione del sentire vibrazionale, solo non si innescano i processi associativi mentali che in genere si innescano nella percezione ordinaria.